Panada sarda

Nel cuore della Sardegna, là dove il tempo sembra rallentare e le tradizioni si intrecciano con la terra, nasce uno dei piatti simbolo della cucina isolana: la panada sarda. Antica, rustica e sorprendentemente attuale, questa torta salata rappresenta l’anima profonda di un territorio che ha fatto della semplicità una forma d’arte. Nata come piatto contadino, pensato per conservare e cuocere lentamente carne o pesce all’interno di un involucro di pasta non lievitata, la panada (o impanada, come viene chiamata in alcune zone) è oggi una delle ricette più identitarie della Sardegna. Vi proponiamo la variante ripiena di carne ma è nota anche la panada di Assemini ripiena di anguille.
Ingredienti (per 4 persone)
- 400 grammi di farina di semola rimacinata
- 80 grammi di strutto
- 150 ml circa di acqua tiepida
- 1 pizzico di sale
- 500 grammi di carne di agnello
- 2 patate di medie dimensioni
- 1 spicchio di aglio
- 1 mazzetto di prezzemolo fresco
- olio extravergine d’oliva q. b.
- sale e pepe nero macinato q.b.
Preparazione
Si comincia dalla preparazione della pasta, la cosiddetta pasta violata, una sfoglia rustica e resistente, perfetta per avvolgere il ripieno e reggere una lunga cottura. In una ciotola capiente si versa la semola, si aggiunge lo strutto morbido e si inizia a lavorare con le dita fino a ottenere un composto sabbioso. Poi si unisce poco a poco l’acqua tiepida, precedentemente salata, e si impasta con energia fino ad avere una palla liscia ed elastica. È importante far riposare la pasta almeno trenta minuti coperta da un canovaccio umido: questo passaggio la renderà più lavorabile e facile da stendere.
Nel frattempo, ci si dedica al ripieno. La carne, rigorosamente a crudo, viene tagliata a pezzi piccoli e condita in una ciotola con un filo generoso di olio extravergine, aglio tritato finemente, prezzemolo fresco, sale e pepe. Le patate si pelano e si tagliano a dadini piccoli, quasi a simulare la consistenza della carne, e si uniscono al resto. Il profumo che ne scaturisce già racconta la ricchezza del piatto: rustico, profondo, autentico.
A questo punto si riprende la pasta e si divide in due porzioni: una leggermente più grande servirà per il fondo della panada. Si stende col mattarello fino a ottenere un disco di circa 30 cm di diametro, abbastanza spesso da sostenere il ripieno. Si adagia il disco in una teglia rotonda leggermente unta o rivestita di carta forno, facendo in modo che i bordi fuoriescano. Il ripieno si versa all’interno, distribuendolo in modo uniforme, poi si copre con il secondo disco di pasta, leggermente più piccolo, sigillando bene i bordi pizzicandoli con le dita per creare una sorta di cordoncino decorativo: è il bordo a spiga, una vera firma della panada tradizionale.
Prima di infornarla, si può praticare un piccolo foro al centro del coperchio per far uscire il vapore, oppure – nelle versioni più ricche – si può aggiungere un filo d’olio d’oliva o del brodo caldo all’interno, proprio da quel foro, a metà cottura. Si cuoce in forno statico preriscaldato a 180°C per circa un’ora, un’ora e un quarto. La crosta deve diventare dorata e fragrante, il ripieno tenero e succoso.
Quando la panada esce dal forno, è importante lasciarla riposare almeno mezz’ora. Come tutte le preparazioni “in crosta”, dà il meglio di sé tiepida, quando i sapori si sono assestati e la pasta ha riassorbito i profumi del ripieno.